martedì 28 febbraio 2017

La Post-verità

Come dicevo qualche mese fa, ho un solo posto dove mi fa piacere andare piu' volte al giorno per leggere le notizie, ilpost . Purtroppo anche quel post(o) li' non mi soddisfa fino in fondo. Pur abbracciando una filosofia corretta di verifica della notizia e di asciuttezza del racconto, pur spendendo molto (con ottimi risultati) nel tentativo di spiegare la complessita' dei fatti stando attenti, nei limiti del possibile, a non dare mai niente per scontato, ilpost e' permeato di una certo positivismo che non condivido e che e' solo in parte la diretta conseguenza della parte politica scelta (il pd possibilmente renziano).

Il post, nei panni del suo direttore (Luca Sofri) e dei suoi editorialisti (firmanti e non), ha una fiducia nella ragione e - conseguentemente - nella verita', che non mi soddisfa. Anche oggi, il direttore scrive un articolo sul panorama elettorale globale (crisi delle sinistre, populismi, trump+brexit etc. etc.) con diversi passaggi a mio avviso superficiali:


  • "I due appuntamenti elettorali più importanti dell’anno passato – negli Stati Uniti e Gran Bretagna – sono stati vinti da messaggi non solo di destra conservatrice, ma più propriamente di demagogia bugiarda e incompetente"
  • "Uno spettro si aggira per il mondo, e i giornali lo chiamano populismo per fare prima, ma è costituito sostanzialmente da due elementi psicologici che hanno attecchito in tantissimi individui: lo sdoganamento della rivendicazione dell’egoismo e dei propri piccoli interessi, e quello dell’ignoranza e dell’incompetenza "
  • "....con sprezzo del sapere, dei fatti, dello studio delle cose, del passato e del futuro"
Secondo il direttore del post gli elettori hanno smesso di cercare la conoscenza e la competenza, valori che distinguevano (e ancora distinguono) la sinistra, e per questo hanno smesso di votare in quella direzione. Ed e' un peccato perche' conoscenza e competenza erano garanzie di un bene diffuso e duraturo (in contrasto con l'ignoranza e la bugia demagogica che soddisfano i bisogni dei singoli sul breve periodo).

L'assunzione di fondo insomma e' una sostanziale equivalenza tra tre "cose": 1) ragione/competenza/studio, 2) partiti che si dichiarano di sinistra o progressisti, 3) benessere diffuso e duraturo. A me pare un punto di vista estremamente superficiale, grossolano, vago. Oserei dire cieco. Che non vuole capire. Che non sa dove andare.

In molti editoriali (ad esempio quelli che trattano i molti complessi aspetti dell'evoluzione del giornalismo moderno), Luca Sofri scrive cose che condivido e che mi appaiono intelligenti e approfondite. In altri (come in questo) dove si discute la trasformazione della societa' e della politica, noto sempre un'improvvisa caduta della qualita' dell'analisi, dell'attenzione ai dettagli, alle differenze, e all'evitare grandi generalizzazioni, idealismi e filosofie banali.

Personalmente ritengo che: 1) forse in Italia - per motivi storici particolari, perche' abbiamo avuto una destra che manganellava - c'e' una tendenza, per chi ha una certa attenzione allo studio, al sapere e alla competenza, a fare politica (o a votare) a sinistra; ma questo non e' un fatto che riguarda necessariamente tutti i paesi del mondo (certamente non riguarda stati uniti e inghilterra, i due principali evocati nell'editoriale); in ogni caso negli ultimi tempi ho la sensazione che la competenza abbia abbandonato anche la sinistra (ad esempio la sinistra italiana sta completamente rimuovendo il problema dell'analisi macro-economica, per paura di entrare in terreni "di destra", un fatto drammatico che quaranta anni fa sarebbe stato semplicemente ridicolo, essendo la lettura economica della realta' una prerogativa fondante di tutte le sinistre) ; 2) non e' affatto ovvio che in paesi con forti squilibri di distribuzione della ricchezza (e noi paesi "occidentali" siamo oggi molto piu' squilibrati di quaranta anni fa) la competenza sia per forza sinonimo di benessere diffuso: forse negli anni '70 si poteva avere fiducia cieca nelle buone intenzioni di uno studioso, ma oggi? come si puo' aver fiducia in un'analisi economica che sembra continuamente pilotata da interessi diversi da quelli dei cittadini? 3) i partiti cosiddetti progressisti non hanno le idee chiare su quale sia la strada verso un benessere diffuso e duraturo, negli anni 2013-2016 (fermandoci cioe' ai governi letta/renzi) il nostro pil e' stato mediamente fermo.




domenica 12 febbraio 2017

L'economia va insegnata dalla terza elementare.

Nel mio vagabondare, probabilmente zoppo, non trovo nessuno che lo dica così chiaro e tondo. Per cui lo faccio io.

L'economia è importante - per la vita di un cittadino libero - quanto la grammatica e l'aritmetica, quanto la geografia e la storia. Ne ha bisogno per respirare.

Il problema dell'economia, mi sembra, non è che sia più difficile della grammatica, dell'aritmetica, della geografia e della storia. Il problema è, forse, che l'economia è una storia di idee che si scontrano tra loro (e, più raramente, con l'empirico).

Va bene, sarebbe il caso comunque di insegnarla come tale, nelle scuole, fin dalle elementari. Servono profondi conoscitori di queste idee che sappiano metterle tutte in chiaro, nel loro susseguirsi logico e storico. Che scrivano un "sussidiario di economia" per bambini di otto anni.

E' un esercizio dal quale la stessa economia trarrebbe giovamento. Un bambino di otto anni non sa nulla di politica. Eppure si chiede cosa succede nel mondo, da dove arrivano i soldi, dove vanno. Da dove vengono le merci. Cos'è un lavoro, cos'è una tassa, cos'è un prezzo. L'economia è una visione aperta e completa del mondo, che per funzionare - per essere convincente - ha bisogno di mettere tutte le carte sul tavolo. E' una fisica degli scambi tra persone.

Forse non si insegna a scuola perchè non c'è mai stato nessuno capace di insegnarla. Questo non toglie che sia necessario provarci.